Pillole di tecnica
Una serie di articoli tecnici che trattano un singolo aspetto e lo approfondiscono.
Curatore: Riccardo Innocenti
Il significato del termine T-stop e la sua relazione con f-stop
Il termine T-stop, in ambito fotografico, viene sempre più frequentemente citato, soprattutto parlando di DSLR, le fotocamere reflex in grado di fare riprese video.
Se ne parla, a proposito ed a sproposito, come caratteristica degli obiettivi, in alternativa all'f-stop, dando per scontato il significato di questo termine e dimenticando spesso di definirlo.
Oltretutto, la voce T-stop non compare neanche nei manuali di fotografia. Infatti, come vedremo, questo termine non appartiene al mondo della fotografia, bensì a quello della cinematografia.
Alla scoperta dei segreti delle foto pubblicate sul web
La tecnica digitale non ha solo trasformato in bit l'oggetto analogico (musica, foto, video) ma, sfruttando le infinite potenzialità dell'informatica, ha permesso di inserire nel documento altre informazioni, chiamate anche metadati, ad uso del fruitore e a tutela del copyright.
Nella fotografia digitale, fin dai suoi primi passi, venne adottata la specifica Exif (Exchangeable image file format).
Chi è un po' più smaliziato e utilizza un software per il trattamento delle immagini, conosce senz'altro questa opportunità che consente di controllare i dati di scatto di una foto: data e ora, tempo di scatto, diaframma, sensibilità, corpo macchina, obiettivo, lunghezza focale, flash e persino i dati di localizzazione, se sulla macchina è presente un dispositivo GPS.
I metadati sono conservati nel file anche nel caso il cui le immagini vengano trasferite sul web (a meno di non aver effettuato la loro cancellazione, consapevolmente o no). Generalmente, non è possibile leggere i metadati direttamente dal browser, tuttavia, previo l'installazione di un Plug-in (piccolo programma ausiliario) possiamo renderlo possibile.
Perché una foto ad alta risoluzione può apparire poco definita, se viene visualizzata con un proiettore o sullo schermo di un computer?
Il passaggio dalla visualizzazione di un'immagine con un monitor analogico a tubo (CRT), agli attuali schermi digitali, ha fatto emergere il problema dell'interpolazione dei pixel.
L'interpolazione è un processo necessario per adattare due risoluzioni digitali diverse; nel nostro caso, un'immagine e uno schermo LCD o un proiettore digitale. Questo adattamento, tuttavia, causa un peggioramento dell'immagine. Conoscere perchè e come avviene questa degradazione ci permetterà di ottenere il massimo nelle nostre presentazioni digitali.
Per capire di cosa stiamo parlando, basta osservare le due immagini a destra. Sono due immagini delle stesse dimensioni ma con due risoluzioni diverse. Quale delle due ha la risoluzione minore? La risposta sembrerebbe ovvia, visto che, una delle due, appare evidentemente meno nitida. Invece è quella che ha la risoluzione maggiore. Per verificarlo, basta ingrandirle. Incredibile, vero?
Se non siete ancora convinti, prendete un fotogramma scattato con una fotocamera ad una risoluzione superiore a 4 megapixel (MP) e, con un software per immagini, duplicatelo e scalatelo* in modo che, almeno uno dei lati, corrisponda alla risoluzione del proiettore o dello schermo e l'altro lato, ovviamente, non la ecceda. Provate quindi a visualizzare le due immagini a rotazione in modo casuale e cercare di individuare quella con risoluzione migliore. Se riuscirete a notare delle differenze, queste saranno sicuramente a favore dell'immagine scalata alla risoluzione dello schermo, mentre quella ad alta risoluzione potrebbe apparire meno nitida, proprio a causa del fenomeno dell'interpolazione.
Premessa. In questo articolo non si prende in considerazione la qualità intrinseca di un sensore, dovuta alla densità dei pixel (MP per mmq), ovvero, la differenza tra due sensori con lo stesso numero di MP, ma con dimensioni diverse. Affronteremo in futuro questo argomento in questa stessa rubrica.
Non solo megapixel per ottenere buoni risultati di stampa
Un po' di tempo fa, inquadrai una bella foto nello schermo del mio smartphone. Decisi di catturarla e portarla al club per mostrarla agli amici, sul grande schermo di 250x150cm, per mezzo del nostro potente proiettore ad alta definizione (Full HD). La foto piacque e venne selezionata per la mostra annuale del Club. Nessuno obiettò sulla qualità, anzi, venne sottolineata la bella luce che colpiva, in parte, il soggetto.
La mostra prevedeva stampe 100x70cm, ma la qualità della stampa, pur essendo circa la metà dello schermo, risultò pessima e inaccettabile. Per ottenere un buon risultato, sono dovuto ritornare sul luogo della foto con una reflex full frame e, dopo vari tentativi per ricreare le stesse condizioni di luce e di inquadratura, ripetere lo scatto.
Perché una foto che appare ben definita, se proiettata o vista su uno schermo del computer può diventare pessima se viene stampata?
Il significato della successione dei numeri del diaframma
In fotografia, il diaframma è l'apertura che consente il passaggio della luce attraverso l'obiettivo al sensore o alla pellicola della fotocamera, per il tempo che l'otturatore rimane aperto.
Il diaframma è parte integrante dell'obiettivo e, generalmente, l'apertura, ovvero la quantità di luce, è regolabile meccanicamente o elettronicamente in una sequenza predefinita. Ogni passo della sequenza è detto stop. Ogni stop raddoppia, se si apre il diaframma o dimezza, se lo si chiude, la luce che entra nell'obiettivo.
La regolazione esatta della quantità di luce consente di interscambiare questo valore con quello della sensibilità (ISO) e del tempo di apertura dell'otturatore (tempo di scatto). Infatti, anche i valori della sensibilità e della velocità variano in modo regolare raddoppiando o dimezzando il loro valore.
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